Martedì, 15/08/2017 alle 12:02
(Continua)
Per lo stesso motivo mi rifiuto nel modo più assoluto di considerare i comportamenti di loro due come equivalenti, sia per quanto riguarda il rispetto umano che per tutto il resto.
Da un punto di vista dialettico e superficiale può anche sembrare così, ma scendendo più in profondità questa equivalenza porta con sé delle implicazioni decisamente pesanti.
Sarebbe come dire che siamo noi i primi a mancare di rispetto ai sessuali, e che se loro hanno comportamenti simili nei nostri confronti è perché siamo stati noi a farli soffrire reprimendoli fino a spingerli a farci del male.
E' un'inversione di colpa assolutamente devastante.
Poi io sono abbastanza sicuro che tu non pensi una cosa del genere, non è un'accusa, però con certi concetti è bene andare cauti.
Non è raro che un asessuale si senta in difetto per aver parlato di questa sua condizione a chi ama, e in certi casi ne soffre al punto da accettare compromessi intollerabili o da convincersi di non meritare di essere ricambiato. Accettare questa equivalenza è come dirgli "si, è vero, è colpa tua e del fatto che hai parlato". Significa farlo sentire in una posizione di debolezza da cui potrebbe non avere più la forza di ribattere a qualunque ricatto morale.
E persone così non me le sto inventando. Basta leggere le testimonianze degli altri asessuali per trovare casi come quello appena descritto.
Perciò è importantissimo evitare di fare paralleli di questo tipo. Non solo perché sono dannosi per noi, ma perché in generale rappresentano un'idea malsana di relazione. Parlare a chi si ama delle proprie vulnerabilità, di ciò che rende infelici, e chiedergli di evitarlo non dev'essere mai e poi mai considerato una mancanza di rispetto. E di certo non da a nessuno il diritto di usare questa vulnerabilità come mezzo per ottenere ciò che vuole, soprattutto quando causa sofferenza.

Discussioni attive
