Domenica, 06/08/2017 alle 12:23
Solitamente associo il fruscio delle pagine alle atmosfere di una silenziosa biblioteca o di un parco pieno di cinguettii, ma questa volta provo a sedermi lo stesso tra i tavoli di questo caffé.
Perché insomma, condividere è sempre bello, e poi ci sono torte e croissant dall'aria invitante, e io ad un dolce non dico mai di no

In cima alla pila di libri sul mio comodino, sopra una raccolta di Hemingway che non mi decido mai a concludere, in questo momento è adagiato "Uno studio in rosso" di Sir Arthur Conan Doyle, primo romanzo della celebre saga di Sherlock Holmes.
Non sono particolarmente appassionato di gialli. Mi piacciono, però per me sono più che altro una lettura occasionale, non qualcosa che cerco frequentemente. I miei generi preferiti sono solitamente altri, molto diversi.
Ma la storia che mi ha portato a leggere proprio adesso queste pagine è un pochino curiosa. Forse. Si spera.
Io ho sempre adorato fare bookcrossing. Che per chi non sa che cosa sia, è una parola meno strana di quel che sembra. Semplicemente significa lasciare un libro che si è particolarmente amato in un luogo pubblico, per condividere ciò che ci è piaciuto con dei perfetti sconosciuti, e andare a cercare i libri lasciati dagli altri, per poi leggerli, dare il proprio parere e posarli di nuovo in giro perché ricadano tra le mani di nuovi appassionati.
Avevo cominciato tanti anni fa quando mi sono ritrovato per caso ad avere due copie di "Come un romanzo" di Daniel Pennac e ho deciso di condividerne una, perché mi sembrava un'idea carina. Poi dopo aver trovato il mio primo libro altrui ci ho preso gusto e nel corso del tempo ogni tanto ho continuato questo gioco.
Ormai le cose sono molto cambiate. Una volta si etichettavano i libri, si registravano su un sito indicando il luogo dove erano stati liberati, si frugava tra le segnalazioni degli altri e si correva a cercare nei luoghi vicini i titoli che più ispiravano. Era come una piccola caccia al tesoro. Ora invece tanti luoghi pubblici, tra cui le biblioteche, si sono adeguati e hanno al suo interno degli scaffali o delle scatole dove lasciare o prendere libri. Che è più comodo e facile, è vero, però molti le usano come discariche per volumi indesiderati che a casa prendono spazio. Neli ultimi tempi è sempre più comune trovare opere del livello di "L'arte di levigare i sassi di fiume", "Passioni proibite di una notte infuocata" o addirittura "Esame per la patente di guida 1997". Di certo quei libri saranno contenti di aver trovato una nuova casa che non assomigli a un cassonetto dell'immondizia, però insomma, non è la stessa cosa.
Ma sto divagando, torniamo a Sir Arthur Conan Doyle.
Ecco, mentre frugavo poco speranzoso tra tanti capolavori, a un certo punto è spuntata un'edizione piuttosto scadente de "Le avventure di Sherlock Holmes".
Sapete quando un personaggio è talmente presente nella cultura popolare che tutti lo conoscono ma quasi nessuno lo conosce davvero? Mi trovavo in quella situazione, e non mi piaceva. Quindi ho pensato di cogliere l'occasione per scoprire com'erano davvero i racconti di Sherlock Holmes e ho arraffato il libro.
Dal titolo mi aspettavo una raccolta che partisse dall'inizio. Solo che no, qui la mia ignoranza si era già fatta notare. Dopo essermi involontariamente anticipato un po' di sviluppi futuri e aver gradualmente intuito che qualcosa non andava, ho infine scoperto che "Le avventure di Sherlock Holmes" è il titolo della prima antologia di storie brevi originariamente pubblicate su una rivista mensile, che queste storie sono successive ai primi racconti più lunghi e quindi ovviamente vanno lette dopo di essi.
Perciò ho deciso di iniziare a recuperarli, partendo appunto da "Uno studio in rosso". E mi sono trovato catapultato in un groviglio di deduzioni improbabili e situazioni esagerate che non hanno niente da invidiare a tanta narrativa dei giorni nostri che non vuole prendersi troppo sul serio.
Ormai questo volume è quasi finito, manca solo l'ultimo capitolo.
Dopo che farò? Probabilmente tornerò a tuffarmi in qualche mondo fantastico, che sono i luoghi dove mi sento più a casa. Ho sempre occhi e orecchie aperte verso i consigli altrui e mi è capitato di incrociarne uno che mi ispira davvero tanto. Ha un'idea così particolare e suggestiva che mi ha fatto proprio venire voglia di scoprirne di più.
Ma per ora non dico altro

E adesso torta, a me!